lunedì 20 giugno 2011

3096 giorni, Natascha Kampusch

Come tutti i libri che narrano storie di vita vera, anche questo non manca di proiettare il lettore in un mondo che i più fortunati non immaginano neanche possa esistere, un mondo privo di umanità e di compassione. L’autrice riesce a raccontare i suoi otto, OTTO, anni di prigionia richiusa in una specie di rifugio sotterraneo costruito appositamente per lei da suo aguzzino, un malato di mente il cui sogno era di avere una schiava da comandare.

Il rapimento avviene a dieci anni, una mattina qualunque in una strada qualunque, mentre la piccola si reca a scuola. Mai avrebbe pensato di non rivedere più la sua famiglia, le sue sorelle più grandi di lei e sua madre, la stessa madre che proprio quella mattina l’ha rimproverata per un niente e che non ha voluto salutare con un bacio. Lo rimpiangerà per i prossimi otto anni di vita.

E’ assurdo come fatti di questo genere accadano tutti i giorni, è qualcosa che non si può prevedere, che non si può combattere se non con la mente, che si richiude in se stessa e non fa assopire neanche per un attimo la speranza di rivedere il sole e respirare l’aria vera.

Forse grazie alla tenera età o forse grazie alla capacità della mente umana di adeguarsi e trasformarsi a qualsiasi cambiamento, la piccola continua a vivere, nonostante gli insulti, le sevizie, gli abusi, nonostante sia a contatto diretto con una mente malata che la relega in uno stato di inferiorità. Lo psicopatico riesce inculcare nella mente più giovane il fatto che al mondo nessuno la ama, nessuno la cerca, e cosi le preclude la possibilità di scappare, anche se le porte sono spalancate, anche se è lui stesso la spinge fuori in giardino, sfidandola ad andarsene.

La mente umana può essere la forza maggiore su cui contare, ma le malattie mentali sono peggio di quelle fisiche, non ti permettono di ragionare con razionalità e ti condizionano l’esistenza.

Riesce dopo anni a scappare aggrappandosi con tutta la sua forza a una volontà che le viene dal pensiero di voler vivere una vita vera, di uscire e bere un caffè con le amiche, di guardare le vetrine dei negozi, di vivere in una casa sua, una vita vera.

Il rapporto che instaura con il suo aguzzino non sarà quello si vittima-padrone, bensì un rapporto di dipendenza: per anni lui è stata l’unica persona adulta che l’ha nutrita e accudita, anche se a modo suo, anche se mescolava questi momenti a torture psicologiche di tutti i tipi.

Eppure lei non riuscirà mai a odiarlo, nemmeno quando sarà libera e lui morto.

E’ la storia di vita di una ragazza che non vuole passare per vittima, che lotta ancora oggi perché la gente non la veda come una povera bambina rapita che ha bisogno di cure.

1 commento:

Marcello ha detto...

Credo sia un libro molto interessante...il rapporto che la lega all'ormai ex sequestratore è davvero perverso e credo che per quanto provi a riemergere sarà per sempre segnata nel profondo da questa esperienza terrificante. Un saluto