giovedì 7 aprile 2011

Accabadora, Michela Murgia

Complici tre giorni di malattia che mi hanno costretto a letto, sono riuscita a leggere 4 libri. Finalmente tempo per la mia passione. L’ultimo letto è Accabadora, un libro che narra la vita quotidiana sarda, in un piccolo paese dove la vita è semplicemente Vita. Con tutti i suoi pro e contro. Sono venuta a conoscenza di due figure che mai avrei pensato esistessero: il fillus de anima e l’accabadora.

Il primo non è altro che “un’adozione” , in questo caso una madre che non riesce a sfamare tutte le bocche, avendo 4 figlie e non un marito (che a quei tempi mandava avanti la famiglia) decide di lasciare l’ultima arrivata nelle mani di una signora, vedova, che non ha potuto avere figli. Si decide quindi per un’adozione “a voce”, senza documenti, semplicemente la figlia cambia casa, comunque mantenendo i rapporti con la sua vera famiglia. Ecco la Figlia d'anima.

L’accabadora è una figura delicata, che nella società non esiste, e per la società non deve esistere: in questo caso una donna che viene chiamata dalla famiglia del parente in punto di morte, che semplicemente non vuole più vedere soffrire. Diciamo che è un’eutanasia un po’ più semplice, perché non prevede né leggi né consensi da parte della società. Illegale. In questo libro l’accabadora coincide con la donna che adotta la bambina. E qui nasce la storia. Mi sono ritrovata a parteggiare per questa figura incompresa. Si, è illegale. Ma alla fine del libro non me la sono sentita di chiamarlo omicidio.

Mi sono messa nei panni di chi ha un amato in punto di morte che però non muore, ma soffre in continuazione. Capire che l’unica cosa che lo lega alla terra è il dolore, ed essere impotenti di fronte a tutto questo. Non vorrei che smettesse di soffrire, e se me lo chiedesse lui? Mi sono messa nei panni di chi è in quel letto di morte, che vive solo perché continua a respirare, che sa di non essere morto solo perché prova dolore. Non vorrei morire? Non vorrei smettere di soffrire? Non vorrei che qualcuno mi aiutasse? E infine mi sono messa nei panni di quella donna che va di casa in casa, chiamata dai parenti, e mette fine a queste vite che vite non sono più. Quanti dubbi mi imporrei? Come mi sentirei?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

E' lì sul comò che mi aspetta da un po',ma prevedo di leggerlo a breve...speriamo mi piaccia ;D
xoxo

monica ha detto...

Te lo consiglio vivamente, tra l'altro è anche un libriccino piccino picciò.. ma racchiude una storia che ti fa riflettere.
Fammi sapere quando lo hai letto ;)

zuccheronero ha detto...

a proposito di letteratura sarda ti consiglio di leggere "padre padrone" di Gavino Ledda.. non c'entra molto col libro che hai letto tu ma me lo hai fatto venire in mente.. :)

monica ha detto...

Zucchero è già in lista per essere letto ;) non so come ci sono riuscita, ma la mia stanza è ricoperta di libri. e ce ne sono troppi che non ho ancora letto -_-